non costituisce disobbedienza il semplice rifiuto del militare

Un carabiniere in servizio nel pistoiese si rifiutava di intraprendere un servizio manifestando la propria contrarietà rispetto alle modalità indicate dal proprio comandante.

Ciò avveniva alla presenza degli altri militari e nell’ambito di un’attività di programmata perquisizione.

Veniva difeso mediante un primo interrogatorio all’esito della conclusione delle indagini preliminari e mediante una successiva memoria difensiva con la quale veniva richiesto il rito abbreviato.

Nei suddetti atti si evidenziava come, nonostante il rifiuto,  sopraggiungesse – nel giro di qualche minuto – l’effettiva intrapresa del servizio comandato; inoltre si assumeva il difetto di dolo nelle parole impiegate dal militare, visti anche i rapporti di stretta collaborazione tra i due soggetti coinvolti nella vicenda e le scuse poi intervenute.

Il Gup del Tribunale Militare di Roma ha assolto il graduato perché il fatto non costituisce reato valorizzando quanto già emerso negli atti difensivi ossia quel particolare rapporto umano tra colleghi dello stesso reparto che “può spingere ognuno degli addetti a ritenere di poter omettere di specificare sempre il senso delle proprie affermazioni“.